Lo Studio Commercialisti Associati “Mazzaferro-Sardo” con sedi a Roma, L’ Aquila e Napoli ha ottenuto con il Dott. Paolo Sardo il nuovo accreditamento nella materia “Contabilità e Bilancio” per i Partner Sole 24 Ore, in collaborazione con 4cLegal.
Si tratta di un’altra attestazione qualificata della professionalità, dell’applicazione e della costante crescita formativa dei professionisti dello Studio Commercialista “Mazzaferro-Sardo”.
Il nuovo decreto legge approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri prevede, tra l’altro, più tempo per i bilanci nel Terzo settore. Il decreto estende a Onlus, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale di disporre per l’anno 2021, al pari degli altri enti del libro primo del codice civile, di un arco temporale più ampio per lo svolgimento delle assemblee chiamate ad approvare i bilanci, anche mediante modalità telematiche.”
– Il Sole 24 Ore 01.04.2021
Estende, altresì, agli enti del Terzo settore (Onlus, odv, Aps) la disciplina prevista per lo svolgimento delle assemblee ordinarie con modalità semplificate per le società sino al 31.07.2021.
– Comunicato stampa Presidenza Consiglio Ministri n. 10 del 31.03.2021.
Contatta lo Studio Commercialisti Associati Mazzaferro Sardo per qualunque approfondimento sul terzo settore.
A partire dall’1.7.2020, il limite all’utilizzo del denaro contante si è abbassato dagli attuali 2.999,99 euro a 1.999,99 euro.
Tale
limite resterà operativo fino alla fine del 2021. Dall’1.1.2022, infatti, il
limite diventerà di 999,99 euro.
Per le
operazioni effettuate nei confronti di turisti stranieri, resta applicabile il
regime di deroga che consente l’utilizzo dei contanti fino a 15.000,00 euro,
nel rispetto delle previste condizioni.
A decorrere dall’1.7.2020 si applica, inoltre, il credito d’imposta del 30% in relazione alle commissioni addebitate agli esercenti per i pagamenti elettronici tracciabili effettuati da consumatori finali.
2 Limiti all’utilizzo del denaro contante
Il
divieto di utilizzare importi pari o superiori a 2.000,00 euro dall’1.7.2020 e
pari o superiori a 1.000,00 euro dall’1.1.2022, riguarda il trasferimento di
denaro contante (e di titoli al portatore) effettuato a qualsiasi titolo tra
“soggetti diversi” (persone fisiche o giuridiche).
Il
limite all’utilizzo del denaro contante, quale che ne sia la causa o il titolo,
vale anche quando il trasferimento sia effettuato con più pagamenti inferiori
alla soglia che appaiono “artificiosamente frazionati”.
Per
tali trasferimenti è necessario ricorrere a banche, Poste italiane S.p.a.,
istituti di moneta elettronica e istituti di pagamento.
2.1 soggetti diversi
Secondo
la FAQ Dipartimento del Tesoro 3.10.2017 n. 8, con le parole “soggetti diversi”
il legislatore intende riferirsi ad entità giuridiche distinte.
Si
pensi, a titolo esemplificativo, ai trasferimenti che intercorrono tra:
due società;
il socio e la società di cui
questi fa parte;
società controllata e società
controllante;
legale rappresentante e socio;
due società aventi lo stesso
amministratore;
una ditta individuale ed una
società, nelle quali le figure del titolare e del rappresentante legale
coincidono.
Il
tutto per acquisti o vendite, per prestazioni di servizi, per acquisti a titolo
di conferimento di capitale, o per il pagamento dei dividendi.
2.2 operazione frazionata
Per
operazione frazionata si intende un’operazione unitaria sotto il profilo
economico, di valore pari o superiore ai limiti, posta in essere attraverso più
operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti
diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in 7 giorni, ferma
restando la sussistenza dell’operazione frazionata quando ricorrano elementi
per ritenerla tale.
3 conseguenze sanzionatorie
Dal
punto di vista sanzionatorio, si ricorda che, fatta salva l’efficacia degli
atti, alle violazioni della disciplina in questione si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da 3.000,00 a 50.000,00 euro.
Per le
violazioni che riguardano importi superiori a 250.000,00 euro, invece, la
sanzione è quintuplicata nel minimo e nel massimo edittali.
4 tabella riepilogativa dei limiti all’utilizzo del denaro contante
Variazioni dei limiti relativi al trasferimento
del contante
Le novità ricordate tendono ad allineare la disciplina relativa
all’utilizzo del contante a quella prevista per gli assegni bancari, postali e
circolari.
È, infatti, fissato a 1.000,00 euro
l’importo a partire dal quale gli assegni bancari e postali e gli assegni
circolari ed i vaglia postali e cambiari devono recare l’indicazione del nome o
della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità.
6 operazioni effettuate nei confronti di Turisti stranieri
I
turisti stranieri possono effettuare acquisti in contanti entro il limite di
15.000,00 euro.
L’art. 3 co. 1 – 2-bis
del DL 2.3.2012 n. 16, conv. L. 26.4.2012 n. 44, prevede infatti la deroga al divieto di trasferimento di denaro contante per importi pari o
superiori al limite generale e fino all’importo
di 15.000,00 euro, per l’acquisto di beni e di prestazioni di servizi legate al
turismo, effettuati:
da persone fisiche di
cittadinanza diversa da quella italiana;
presso i commercianti al minuto e
soggetti equiparati (di cui all’art. 22 del DPR 633/72) e le agenzie di viaggio
e turismo (di cui all’art. 74-ter del DPR 633/72).
La deroga in questione si applica anche ai cittadini di Stati appartenenti
all’Unione europea (UE) o allo Spazio economico europeo (SEE).
Per
fruire della suddetta deroga, prevista per agevolare il turismo straniero, è
necessario che il cedente del bene o il prestatore del servizio provveda ai
seguenti adempimenti:
invii
all’Agenzia delle Entrate un’apposita comunicazione preventiva di adesione alla
disciplina in esame, nella quale occorre indicare il conto
corrente intrattenuto presso un operatore finanziario, intestato allo
stesso cedente o prestatore, che si intende utilizzare per il versamento del
denaro contante;
identifichi il cliente straniero
(fotocopiando il passaporto);
acquisisca da quest’ultimo
un’autocertificazione, ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000, attestante il
fatto di non essere cittadino italiano, nonché il possesso della residenza
fuori del territorio dello Stato italiano;
nel primo giorno feriale
successivo a quello di effettuazione dell’operazione, versi il denaro contante
incassato sul conto corrente indicato (consegnando all’operatore finanziario
copia della ricevuta della comunicazione preventiva effettuata all’Agenzia
delle Entrate).
La
deroga in esame, nel rispetto dei suddetti adempimenti, è quindi applicabile:
fino al 30.6.2020, per operazioni
di importo pari o superiore a 3.000,00 euro e fino a 15.000,00 euro;
dall’1.7.2020
e fino al 31.12.2021, per operazioni di importo pari o superiore a 2.000,00 euro e fino a 15.000,00 euro.
I
commercianti al minuto, i soggetti equiparati e le agenzie di viaggio e turismo devono inoltre riepilogare le operazioni
effettuate in deroga al limite ordinario di trasferimento del denaro contante,
comunicandole annualmente all’Agenzia delle Entrate.
In
relazione all’anno 2020, la comunicazione all’Agenzia delle Entrate riguarderà
quindi le operazioni in contanti legate al turismo straniero di importo:
pari o
superiore a 3.000,00 euro e fino a 15.000,00 euro, effettuate dall’1.1.2020 al
30.6.2020;
pari o
superiore a 2.000,00 euro e fino a 15.000,00 euro, effettuate dall’1.7.2020 al
31.12.2020.
La
comunicazione delle operazioni in contanti relative al turismo straniero,
riguardanti l’anno 2020, dovrà essere effettuata:
entro il
10.4.2021, da parte dei soggetti che effettuano le liquidazioni periodiche IVA
su base mensile, ovvero entro il 20.4.2021, da parte degli altri soggetti;
mediante il
modello di comunicazione polivalente, approvato ai sensi del provv. Agenzia
delle Entrate 2.8.2013 n. 94908.
Studio Commercialisti Associati “Mazzaferro Sardo”
Riproduzione vietata. Tutti i diritti sono riservati.
I soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare pagamenti effettuati attraverso “carte di pagamento”; tale obbligo non trova applicazione nei casi di oggettiva impossibilità tecnica (sono in ogni caso fatte salve le disposizioni antiriciclaggio del DLgs. 231/2007).
L’art. 23 del DL 26.10.2019 n. 124 (c.d. “collegato alla legge di bilancio 2020”) aveva previsto che, a decorrere dall’1.7.2020, la “mancata accettazione” di pagamenti tramite carte di pagamento, di qualsiasi importo, da parte di soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sarebbe stata punita con la sanzione amministrativa di 30,00 euro, aumentati del 4% del valore della transazione per la quale fosse stata rifiutata l’accettazione del pagamento.
Tale previsione è stata però soppressa in sede di conversione in legge.
2 CREDITO D’IMPOSTA AGLI ESERCENTI PER LE COMMISSIONI APPLICATE SUI PAGAMENTI ELETTRONICI
L’art. 22 del DL 26.10.2019 n. 124, conv. L. 19.12.2019 n. 157, ha introdotto un credito d’imposta a favore degli esercenti attività d’impresa, arte o professioni, pari al 30% delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante:
·carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione di cui all’art. 7 co. 6 del DPR 605/73;
·altri strumenti di pagamento elettronici tracciabili.
Il credito è riconosciuto a condizione che gli esercenti, nel corso dell’anno d’imposta precedente a quello di riferimento, abbiano conseguito ricavi e compensi per un importo non superiore a 400.000,00 euro.
L’agevolazione si applica, comunque, nel rispetto delle condizioni e dei limiti del regime “de minimis”.
2.1 DECORRENZA
Ai fini del credito d’imposta in esame, rilevano le commissioni addebitate agli esercenti in relazione a cessioni di beni e prestazioni di servizi rese nei confronti di consumatori finali a partire dall’1.7.2020.
2.2 COMUNICAZIONE ALL’AGENZIA DELLE ENTRATE DA PARTE DEGLI OPERATORI FINANZIARI
Ai fini della spettanza all’esercente del credito d’imposta in esame, gli operatori dei sistemi di pagamento elettronici tracciabili devono effettuare un’apposita comunicazione telematica mensile all’Agenzia delle Entrate, contenente:
·il codice fiscale dell’esercente;
·il mese e l’anno di addebito delle commissioni;
·il numero totale delle operazioni di pagamento effettuate nel periodo di riferimento;
·il numero totale delle operazioni di pagamento riconducibili a consumatori finali nel periodo di riferimento;
·l’importo delle commissioni addebitate per le operazioni di pagamento riconducibili a consumatori finali;
·l’ammontare dei costi fissi periodici che ricomprendono un numero variabile di operazioni in franchigia anche se includono il canone per la fornitura del servizio di accettazione.
2.3 COMUNICAZIONE AGLI ESERCENTI DA PARTE DEGLI OPERATORI FINANZIARI
I prestatori di servizi di pagamento, che hanno stipulato un contratto di convenzionamento con gli esercenti, devono trasmettere agli stessi mensilmente e per via telematica l’elenco delle transazioni effettuate e le informazioni relative alle commissioni corrisposte.
L’inoltro delle comunicazioni deve essere effettuato:
·in modalità telematica (es. tramite PEC o pubblicazione nell’on line banking dell’esercente);
·entro il ventesimo giorno del mese successivo a ciascun periodo di riferimento.
2.4 UTILIZZO DEL CREDITO D’IMPOSTA
Il credito d’imposta in esame è utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite il modello F24 (ai sensi dell’art. 17 del DLgs. 241/97), a decorrere dal mese successivo a quello di sostenimento della spesa.
2.5 INDICAZIONE DEL CREDITO D’IMPOSTA
Il credito d’imposta in esame deve essere indicato:
·nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di maturazione;
·nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta successivi, fino a quello nel quale se ne conclude l’utilizzo.
Il credito d’imposta non concorre però alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP.
2.6 CONSERVAZIONE DELLA DOCUMENTAZIONE DA PARTE DEGLI ESERCENTI
Gli esercenti utilizzatori del credito d’imposta in esame sono tenuti a conservare, per 10 anni dall’anno in cui il credito d’imposta è stato utilizzato, la documentazione relativa alle commissioni addebitate per le transazioni effettuate con strumenti elettronici di pagamento.
Riduzione o sospensione del canone di locazione a causa del coronavirus, tutto quello che c’è da sapere nel nostro approfondimento.
di Paolo Sardo
Il diffondersi del virus Covid-19
sull’intero territorio nazionale ha determinato, purtroppo, non solo una grave
emergenza sanitaria, ma anche un negativo impatto sull’economia del paese.
Il lockdown imposto dalle autorità
a tutela dei cittadini per evitare il
collasso del sistema sanitario nazionale ha determinato prima una chiusura di
specifiche attività e poi, via via nel tempo, una chiusura generalizzata delle
altre attività economiche, fatto salve quelle ritenute essenziali o di pubblica
utilità, con un divieto sempre più stringente agli spostamenti delle persone.
Stop a scuole, università e manifestazioni, eventi sportivi compresi, spettacoli e chiusura obbligatoria di negozi, bar, ristoranti, parrucchieri, etc. L’emergenza sanitaria e lockdown hanno aggravato la condizione di migliaia di operatori economici che improvvisamente hanno dovuto chiudere o registrare una riduzione della relativa utenza.
Queste misure hanno inevitabilmente influito e influiranno, in maniera sempre più sensibile, sull’economia e sul reddito disponibile delle famiglie, delle imprese e degli enti.
L’Emergenza Coronavirus è quindi un’emergenza sanitaria, ma è anche per tutti un’emergenza finanziaria ed economica poiché le spese legate alle attività continuano. È necessario, quindi, contenere, diluire e differire tali spese nel tentativo di salvaguardare la il proprio business e di preservarlo, in un tempo purtroppo indefinito, fino all’uscita dall’emergenza e alla ripresa, seppur lenta, del normale ciclo economico.
Al fine di richiedere la riduzione o la sospensione del canone di locazione per tutta la durata dell’emergenza sanitaria è possibile, per il conduttore, invocare il combinato disposto delle norme del codice civile di cui agli artt. 1218 (non responsabilità nel ritardo della prestazione a causa dell’impossibilità non imputabile al debitore), 1256 (impossibilità sopravvenuta), 1258 e 1464 (riduzione della prestazione per prestazione parzialmente impossibile).
Tale circostanza, però, non determina un diritto acquisito dal conduttore in tal senso: i divieti di apertura delle attività disposti dai DPCM a causa dell’emergenza sanitaria non riguardano la messa a disposizione dei locali per l’uso stabilito nel contratto di locazione. I decreti, infatti, non limitano la disponibilità dell’immobile o la sua idoneità all’uso pattuito, ma solo la possibilità o meno di svolgervi l’attività.
È innegabile, del
resto, che l’immobile sia nella pacifica disponibilità del conduttore e in
condizioni da poterlo utilizzare, ma tuttavia, non è possibile goderne al fine
di svolgere l’attività. È questa che viene invece preclusa o limitata.
L’impossibilità di svolgere l’attività non è certamente imputabile a nessuna delle parti, ma è dovuta a un’emergenza straordinaria di tutela della salute che nulla ha previsto in merito a possibili sospensioni o riduzioni dei canoni di locazione. Ciò anche alla luce del decreto legge del 16 marzo 2020 che ha previsto che “al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1“.
La richiesta di sospensione del canone di locazione deve quindi riferirsi a ragioni di sopravvenuta impossibilità ad adempiere agli obblighi contrattuali, per causa di forza maggiore (motivi straordinari e imprevedibili).
Sarà quindi opportuno che il conduttore richieda tempestivamente al locatore, con le relative motivazioni, la riduzione o sospensione del canone di locazione, dimostrando le ragioni della sopravvenuta impossibilità ad adempiere agli obblighi contrattuali per motivi straordinari e imprevedibili, al fine di giungere ad una soluzione concordata, fermo restando che sarà comunque rimessa alla discrezionalità del locatore l’accettazione o meno della proposta di riduzione o sospensione.
Il mancato pagamento della locazione da
parte del conduttore, anche nell’attuale emergenza e senza le richiamate
cautele, potrebbe quindi legittimare il locatore ad agire per recuperare i canoni
non riscossi e per promuovere un procedimento di sfratto per
morosità.
Quando però interviene un fenomeno eccezionale, quale può considerarsi il Covid-19, il conduttore non è responsabile del suo temporaneo inadempimento: quindi non gli possono essere addebitati interessi moratori, né altri importi a titolo di penale e/o risarcimento del danno.
Il Covid-19
rappresenta, comunque, un evento che, in quanto imprevedibile e inevitabile,
può giustificare il recesso, perché si può addurre quale “grave motivo” il
carattere di straordinarietà oggettiva del fenomeno, tale da rendere
notevolmente gravosa la prosecuzione del contratto: sempre che di ciò venga
fornita rigorosa prova.
Per qualunque dubbio o chiarimento lascia un commento a questo articolo o contattaci.
Da anni seguo professionalmente la categoria dei parrucchieri e delle estetiste. Dopo quindici anni a contatto diretto con questa categoria, posso ritenermi , come del resto il nostro Studio, specializzato in questo settore. Con i clienti abbiamo sperimentato diversi approcci di analisi e gestione dell’attività dialogando, confrontandoci e supportandoli costantemente con il nostro lavoro. Abbiamo sostenuto e accompagnato gli imprenditori del comparto, che definisco artisti, scultori e designer della bellezza nello sviluppo del proprio business.
Ne parlo con non poco coinvolgimento perché Il nostro metodo di consulenza E=MC2 nato per consegnare al cliente le redini della propria azienda, gli consente di far comprendere gli effetti e le conseguenze economico-aziendali delle sue scelte. E’ un percorso empatico che inevitabilmente crea un rapporto emotivo forte e, spesso, di amicizia, poiché è il frutto di anni e anni di lavoro svolto insieme, di traguardi e di ripartenze da condividere.
Il percorso di specializzazione mi permette, quindi, di analizzare con piena consapevolezza gli effetti sulla loro attività del lockdown prima e del differimento della riapertura poi.
Una bella lettera che mi è piaciuta tanto è quella scritta in prima persona dall’amministratore delegato di Wella Professional, una società specializzata nei prodotti per parrucchieri e centri estetici, che si assume la responsabilità del suo scrivere quando invita Conte, con toni dimessi, a rivedere la decisione di posticipare a giugno l’apertura dei saloni di parrucchieri o barbieri.
Insieme, quindi, condividiamo e testimoniamo, seppur da punti di vista differenti, le preoccupazioni e le tensioni che si respirano tra gli operatori del settore.
Questa categoria, infatti, vive un dramma enorme da quando hanno appreso, dalla famosa conferenza stampa dei congiunti, di dover restare chiusi fino agli inizi del prossimo giugno. Frustrazione che si è materializzata con il gesto simbolico di due parrucchieri di Padova che si sono incatenati al negozio per protesta.
Questa è una delle categorie in maggiore sofferenza perché sono realtà a “bassissima magnitudo”, la maggior parte di loro è costituita da ditte individuali e da imprese familiari, con due, tre dipendenti, e talvolta questi sono già molto indebitati per l’avvio o il rinnovamento dei locali, per l’acquisto o la sostituzione delle attrezzature che richiedono un’alta rotazione per l’usura, hanno leasing o finanziamenti e, sovente, debiti verso l’erario per gli alti costi di gestione e soprattutto per il costo del personale. Personale per il quale provano attualmente una profonda preoccupazione e apprensione per le sorti della loro occupazione, un misto tra senso di colpa nel non potergli garantire la continuità del rapporto lavorativo, e rabbia per non riuscire a soccorrere chi ha condiviso lo sforzo e l’impegno profuso nella crescita o nelle difficoltà. Persone, i dipendenti, a cui i titolari sono legati, nella maggior parte dei casi, da un rapporto che trascende quello esclusivamente lavorativo e che può durare da anni o, a volte, dall’inizio della propria attività. La “bottega” o laboratorio artigianale dove si coltivano abilità, competenze, formazione nella simbiosi maestro-allievo.
Il capitale umano costituisce, infatti, una preziosa risorsa, ma al
contempo la principale criticità emotiva ed economica, difficile da reperire
sul mercato del lavoro, esuberante in alcuni giorni della settimana e carente
in altri, di solito nei fine settimana, situazione questa che non consente
quasi mai il raggiungimento di un punto di efficienza e di massima efficacia.
Con il medesimo garbo e, al contempo, la risolutezza dell’AD di Wella, con la medesima “spinta gentile”, propria della teoria dei nudge, invitiamo il governo a riconsiderare l’apertura dei parrucchieri e delle estetiste prima di giugno, prima che una miriade di micro o piccole realtà artigianali non abbia più la forza e la capacità per potersi rialzare.
Le argomentazioni a supporto di una riapertura anticipata sono
diverse, ma quella che ha un peso specifico è costituita dalla crescita
esponenziale che si sta registrando sugli “abusivi”, già da sempre piaga della
categoria e fonte di concorrenza sleale, ormai divenuta consuetudine diffusa anche
tra chi era regolare.
Tale circostanza rappresenta di certo un grave pericolo per la diffusione del Covid 19, così come tutte le attività clandestine, poiché prive di controllo e senza la possibilità di verificare il rispetto dei protocolli sanitari previsti.
Altra considerazione, di portata generale, è quella proposta nell’articolo di Antonio Belloni pubblicato su 24 plus de Il Sole 24Ore, sulla visione “apocalittica” contrapposta a quella “realista” a cui stiamo assistendo oramai da tempo. La prima, quella degli apocalittici è costituita da coloro che antepongono la salute all’economia. Gli apocalittici hanno una visione preoccupata rispetto alla resistenza del virus e sono pessimisti rispetto alla possibilità che la comunità riesca a gestirlo e a contenerlo nel breve periodo.
Pensano,
quindi, che l’economia si possa “congelare”, che si possa raffreddarla e tenerla
in letargo per un lungo periodo. Nel nome della salute, ritengono che la
collettività possa bruciare i risparmi, contrarre debiti a lungo termine,
sacrificare i posti di lavoro, accettare come fisiologici i fallimenti massivi
di interi settori, e persino di andare incontro a rischi profondi in merito ai
tempi di una futura ripresa.
Sono
convinti che l’economia possa resistere anche se congelata a lungo e che possa
tornare come prima quando riavviata.
Ad essi si contrappongono i realisti. Quelli cioè disposti a barattare un rischio di salute (in più) al fine di salvare posti di lavoro, imprese, redditi e risparmi. Anche i realisti sono convinti che sia necessario un raffreddamento dell’economia per salvaguardare la salute dei cittadini, ma ritengono che debba durare poco, che non serva fermarla, ma basti rallentarla per qualche tempo.
Più propensi a descrivere i danni di un’economia congelata, che di un virus diffuso, i realisti sono dell’idea che ridurre il tempo del raffreddamento significhi salvaguardare un asset importante per l’interesse nazionale quanto lo sia la salute.
Quali sono le prospettive di lavoro per gli stabilimenti balneari nella stagione estiva 2020? Stiamo ricevendo diverse richieste di chiarimenti e informazioni su come sarà disciplinata l’attività ricettiva turistica nella prossima estate. Titolari e operatori dei lidi balneari vivono nell’incertezza di non sapere quali saranno le regole , le sorti, le prospettive del lavoro di una vita.
Qui riportiamo il legittimo sfogo di uno dei tanti operatori turistici balneari che, a causa del Coronavirus, ancora non sa come e quando potrà riprendere a lavorare nel suo lido.
Qualunque dubbio o chiarimento scrivilo pure nei commenti, ti risponderemo al più presto.
Di Giuseppe Tiripicchio
L’unione fa la forza! ma non per noi?
Una riflessione sul momento che tutti noi balneari stiamo vivendo, può essere importante per trascendere le necessita e le ristrettezze imposte dal covid-19 e arrivare a comprendere cose che prima non erano forse molto chiare o semplicemente considerate poco importanti.
Cari Balneari parlare della nostra condizione a 360 gradi oggi diventa una necessità, perché continuare ad essere trattati da ultima carrozza del treno, non è più rispettoso nei confronti della nostra categoria che vuoi o non vuoi rappresenta un motore importantissimo del turismo stagionale e costiero.
Noi siamo quelli che creano dove non c’è, siamo quelli pieni di passione, quelli che intrattengono, quelli che lasciano i souvenir nel cuore, quelli che legano i turisti alla terra che rappresentiamo con orgoglio attraverso il nostro lavoro. Siamo quelli pieni di voglia di fare, quelli che prendono l’estate, il mare, la sabbia e la lasciano nella storia e nei ricordi di tutti i passanti. Siamo parte del posto che rappresentiamo e nel coamplesso, tutti noi, insieme, rappresentiamo l’Italia!
Ma siamo anche quelli disuniti, quelli diversi da regione a regione, quelli che fanno di queste divisioni la ragione stessa delle loro mancate conquiste in vari campi (normativo, fiscale, amministrativo).
Siamo poi quelli che agli occhi di molti si arricchiscono senza far nulla, quelli che in tanti vorrebbero vedere spazzati via dalla bolkestein, quelli che sono “privilegiati” per avere una concessione; siamo quelli che molte volte lavorano “solo” per passione e non “anche” per passione, siamo quelli che perdono il sonno per inventare, quelli che perdono il sonno pensando a come pagare questo e quell’altro, si come tutti gli altri del settore commercio! ma noi abbiamo una variabile in più di non poco conto, noi non sappiamo come andrà la stagione, sperando che non piova, sperando che una tromba d’aria non ci metta in ginocchio, sperando che una mareggiata non butti giù quello che abbiamo costruito oppure sperando che una stagione effettivamente ci sia come accade oggi.
In un panorama del genere, tuttavia, l’atteggiamento del governo e delle varie regioni ma soprattutto dei sindacati denota a mio avviso grande leggerezza; leggerezza perché non si può dire “cominciate a mettere a posto” senza che nessuno ci abbia spiegato la sorte di importanti questioni come i canoni demaniali, come la Tari; nessuno ci ha spiegato ancora come dovremo comportarci per la sicurezza nostra e dei nostri clienti; nessuno ci dice cosa potremo offrire in termini di servizi. Sì perché alla fine è di questo che si tratta. Qualora non avessimo la possibilità di dare come sempre una moltitudine di servizi, perché mai un turista (per non parlare dei locali) dovrebbe decidere di pagare un ombrellone magari il doppio, essendocene la metà ora in spiaggia. Quale capacità attrattiva e differenziante avremo in termini commerciali rispetto ad una spiaggia libera che ti permette maggiormente di non avere contatti con altre persone visti gli ampi spazi e l’ampia scelta; un posto dove hai la possibilità di consumare tranquillamente ciò che hai comprato presso un supermercato a prezzo quasi di costo. Un posto, la spiaggia libera, dove nessuno sarà in grado di controllare nulla vista la lunghezza e la capacità che la nostra penisola possiede.
Quindi apriamo senza sapere come farlo, per dare un servizio, per ora solo spiaggia, a degli ipotetici clienti, disposti a pagare il doppio per non avere quasi niente in termini di servizi. A tutto questo si aggiunge un MA importante ossia le modalità di “ripartenza” disposte dal pool di esperti formato dal Presidente Conte che prevede in caso di nuova infezione, “lockdown localizzati”. Quindi apriamo nella consapevolezza che probabilmente non riusciremo nemmeno a pagare le spese fisse , sapendo che da un momento all’altro dovremo forse chiudere. Non solo quindi più l’ingegno, la capacità, non solo la fortuna che non piova, che non ci sia vento, ma oggi anche un’altra nuova grande variabile, il covid-19.
Bene signori la verità di tutta questa incertezza è solo e soltanto data dal fatto che non siamo mai stati adeguatamente rappresentati. La miriade di sindacati che si fanno tra di loro la lotta a chi è il più bravo va come sempre a deperimento della tutela di chi ha bisogno. E questo è evidente, evidente nella mancanza di una disciplina generale, nella mancata emanazione di un codice del demanio, nel mancato adeguamento Iva, nel fatto che ancora oggi parliamo di Bolkestein, nel fatto che a pochi mesi dalla scadenza fissata per il 2020 ancora parliamo del sì o no all’applicazione della legge Centianaio sulla proroga a 15 anni. Siamo stanchi, siamo stanchi di tirare avanti un carro dove alcuni però stanno seduti comodamente sopra e parlano parlano parlano del fatto che si sta facendo, si farà, si è detto, ma alla fine siamo un comparto normativamente e amministrativamente per non dire fiscalmente, indietro di oltre un ventennio.
Abbiamo bisogno di un rappresentante unico, che si siede al tavolo del governo e che porti effettivamente le nostre esigenze con urgenza ed immediatezza. Un interlocutore unico che abbia la forza dei numeri importanti e non risicati consensi tesserati! Un rappresentante che si ponga come unico reale interesse il bene della nostra categoria e non il e prestigio di un ruolo che vive delle nostre irrisolte difficoltà.
Quindi cari Colleghi cogliamo questa occasione per fare una profonda riflessione sul valore del nostro lavoro e sulla effettiva validità di questi rappresentanti, tutti indistintamente, perchè purtroppo in questo mare anche i buoni vanno giù.
Rivolgiamoci tutti insieme al governo senza più intermediazioni che sono soltanto di facciata, prendiamo coscienza del nostro ruolo e cominciamo a pretendere risultati concreti e non più timide promesse.
Disinfettare e sanificare gli ambienti lavorativi, quali sono le regole da seguire.
La tempesta di notizie a cui siamo sottoposti in questa emergenza sanitaria, che diventa sempre più anche emergenza economica, rischia di far trascurare alcuni aspetti importanti che possono innescare pericolose conseguenze economiche, e, se non attentamente valutate e interpretate, importanti responsabilità. È il caso, ad esempio, delle misure previste dal protocollo d’intesa siglato tra il Governo e i sindacati il 14 marzo 2020, relativo alla tutela dei dipendenti, per il contrasto alla diffusione di Covid 19 (coronavirus).
Tale protocollo riguarda certamente anche gli studi professionali e le aziende non interessate dai provvedimenti di chiusura disposti dai DPCM e dal Decreto MISE, ma, a nostro avviso, interessa indirettamente anche quelle oggi sospese per legge, ma che dovranno riaprire al termine dell’attuale emergenza anche se, com’è prevedibile, ciò avverrà scaglioni temporali. Nel suddetto protocollo, infatti, oltre all’obbligo di adozione dei Dispositivi di Protezione Individuale (mascherine, guanti, visiere, ecc..), nel punto 4 si afferma che: “l’azienda assicura la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago”. Da come è formulato tale articolo, in cui si dice che “l’azienda assicura” e, con essa per analogia, il Professionista, non sembrano esserci dubbi circa la natura di OBBLIGO e non di scelta a cui è sottoposto l’imprenditore o il professionista tenuto a garantire la “sanificazione periodica dei locali, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di svago”. Se il contravvenire a tale obbligo, come affermato da autorevoli autori, in caso di sinistro, esporrebbe le ditte a negative conseguenze che potrebbero comportare anche la rivalsa da parte dell’INAIL o l’inefficacia di eventuali polizze assicurative contratte a favore del personale dipendente, ciò potrebbe verificarsi anche per le ditte che alla riapertura non provvedessero ad adeguarsi a tale dettame senza aver effettuato la suddetta “sanificazione”. Cosa succederebbe se alla ripresa dell’attività, considerando che il virus non sarà debellato ma dovremo invece abituarci a convivere con esso, si registrassero uno o più casi di contagio e, alle successive verifiche, non si dimostrasse che è stata eseguita la prescritta “sanificazione”? In merito alla sanificazione, è opportuno specificare che per essa non deve intendersi la classica pulizia, anch’essa richiesta con cadenza giornaliera, ma qualcosa di più approfondito e svolto da ditte specializzate in tale servizio. Per l’emergenza COVID-19, ad esempio, è stata emanata dal Ministero della Salute la circolare 5443 del 22/02/2020 che prevede il caso di pulizia (non viene utilizzato il termine “sanificazione”) di ambienti non sanitari ove abbiano soggiornato casi confermati di COVID-19. La circolare prevede che tali operazioni siano eseguite da imprese autorizzate ai sensi del D.M. 274/1997, (che all’art. 1 lett. e definisce gli interventi di sanificazione) che utilizzino personale dotato di tutti i DPI e che seguano precise norme nello svolgimento del servizio di pulizia (utilizzo di mascherine FFP2 o FFP3, del camice monouso, di precise norme sulla svestizione, ecc.) e nello smaltimento dei DPI monouso come materiale potenzialmente contaminato. Al termine dell’intervento, tali imprese, devono rilasciare apposita certificazione riguardante l’avvenuto intervento, in conformità alle disposizioni in vigore. Tale certificazione, infine, costituisce documento valido sia in sede di verifica e controllo da parte degli enti preposti che nel caso di contenzioso, sia per documentare la spesa sostenuta al fine del riconoscimento del credito di imposta pari al 50% delle medesime spese. Credito d’imposta di cui, ai sensi dell’art. 64 D.L. 18/2020, è possibile usufruire fino ad un massimo di 20.000 euro per impresa/studio, nel limite complessivo massimo di 50 milioni di euro per l’anno 2020. Tale credito è stato esteso, dall’art. 30 D.L. 23/2020, anche all’acquisto di attrezzature e dispositivi di protezione individuale e altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori volte ad evitare il contagio del virus sempre nei limiti suddetti.
D.L. Cura Italia: se la banca ti addebita la rata del mutuo per il quale avevi inviato richiesta di sospensione, puoi tutelarti. Qui puoi trovare il testo della pec da inoltrare all’istituto bancario che, nonostante la richiesta di sospensione, abbia addebitato la rata del mutuo.
In merito all’addebito della rata di _ del mutuo n._________ eseguita dal Vostro istituto il , il sottoscritto fa presente che in data ___ ha inoltrato formale richiesta di sospensione a norma del D.L. 17 marzo 2020 “Cura Italia”. Con la presente, pertanto, vi intima e diffida a riaccreditare la somma prelevata specificando che le vostre giustificazioni addotte, circa la richiesta di sospensione eseguita su modello (il vostro è stato pubblicato successivamente alla richiesta) non conforme, non legittimano il prelievo. Neanche in sede giudiziale, infatti, il difetto di forma dell’atto introduttivo inficia la sostanza della tutela richiesta. La Banca, semmai, avrebbe dovuto prendere in carico tale richiesta e sottoporre al sottoscritto la nuova modulistica, non abusare della posizione creditoria prelevando un altro rateo di mutuo in una emergenza pandemica che impone la chiusura delle attività e il depauperamento della liquidità disponibile. Fiducioso nell’adempimento, resto in attesa della vostra modulistica al fine di inoltrarvela senza ritardo.
Dettagli sul bonus per IAP, coadiuvanti e coadiutori di artigiani e commercianti
Con la circolare n. 49 di ieri, l’Inps fornisce i primi chiarimenti sull’indennità di 600 euro relativa ai lavoratori autonomi iscritti all’assicurazione generale obbligatoria (Ago) dell’Inps. La circolare precisa che rientrano nell’indennizzo le figure degli imprenditori agricoli professionali iscritti alla gestione autonoma agricola, nonché i coadiuvanti e coadiutori di artigiani e commercianti. Chiarimento, questo, particolarmente rilevante.
Studio Commercialisti Associati “Mazzaferro-Sardo”
Per la presentazione della domanda la circolare dedica un paragrafo alle modalità per l’accesso alle suddette prestazioni. Le modalità sono: ● Pin rilasciato dall’Inps, ● Spid di livello 2 o superiore, ● Carta d’identità elettronica 3.0, ● Carta nazionale dei servizi. Se non si è in possesso dei servizi è possibile procedere con una modalità semplificata passando attraverso il portale dei servizi dell’Inps (come anticipato nella nostra precedente mail, sarà sufficiente la sola prima parte del Pin Inps di 8 cifre). In alternativa al portale web, le richieste possono essere effettuate tramite il servizio di Contact Center integrato, telefonando al numero verde 803 164 da rete fissa (gratuitamente), oppure al numero 06 164164 da rete mobile (a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori). Anche in questo caso, il cittadino può avvalersi del servizio in modalità semplificata, comunicando all’operatore del Contact Center la sola prima parte del PIN. Il rilascio di tale nuovo servizio sarà comunicato dall’Inps con apposito messaggio di prossima pubblicazione. Cordiali saluti